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dal cimitero
Una sera finite le prove col coro, la leggera brezza che spirava, la temperatura mite e i profumi della natura, che anche in montagna purtroppo sempre più di rado si riescono a percepire, mi hanno indotto, anziché rientrare subito a casa, a fare un giro per il paese. Le contrade erano deserte e poche le case da cui filtrava qualche bagliore di luce. Con un senso di malinconia ho pensato che un tempo le luci che uscivano dalle finestre sarebbero state quelle del caminetto o del focolare, attorno al quale si sedevano gli anziani, ma anche i meno anziani, davanti ad un bicchiere di vino, per raccontarsi le fatiche e le scocciature della giornata, magari gridando, oppure, sottovoce, i pettegolezzi del paese. E che la vita, dura, ma semplice di un tempo, portava la gente a riunirsi per potersi divertire, magari giocando a carte o cantando all'osteria, o nelle piazzette, che fanno da corona alle fontane del paese, per ballare al suono di una fisarmonica scassata od una vecchia chitarra.
Questo brano si è classificato al terzo posto al primo concorso per canti in lngua ladina. Qualcuno ha insinuato malignamente, ma forse con un fondo di di verità, che ha ricevuto il terzo premio, perché non potevano dare il primo premio al primo concorso per canti in lingua ladina a ad un veneziano. Eh, eh, eh!

GIRANDO PAR AL PAES

Tu prova dì de stornelon co jen la siera,
can che se muove sol karche lares, o žarisera,

che le se stiža parché rua kel tin de vento,
che iava 'n grun a insoreale a cuor contento:


te puòš contale in te 'na man, chesto le žerto,
le ciase onde che barluma 'n lustro verto.


Però non l'é chel del larin o del fuogher,
onde che arente i se sientea con an bicer

i nostre vece, par sé contà le cros,
sbegarando o pena, pena sote guos.

Iò i raiono: ma co 'ste comodità,
sone segure de no' avé dasen sbaià?

Epura n'ota i se ciatèa a fei l'alegria,
oltando scandole o ciantando a l'ostaria.

An tin de armonica, i tolea, co 'na soneta
e 'na chitara da sonà 'nte piažoleta.

I balèa, i e i se struchèa fin fei bonora,
saludandose daspò co l'era ora


con bel besin e cenendose par man
e la promesa de ciatase al dì doman.

Iò i raiono: ma co 'ste comodità,
sone segure de no' avé dasen sbaià?

Epura n'ota i se ciatèa a fei l'alegria,
oltando scandole o ciantando a l'ostaria.

E ades che dutte i varda la television,
compreso chel che ve cianta 'sta canžon,

son cà, ieneste come mumie in te ‘l sofà,
desmenteando kel che 'l Žiel ne ha regalà;

son ca, jeneste come mumie in tel sofà,
e on perdesto la nostra libertà.


son ca, ieneste come mumie in tel sofà,
e on perdesto dutta la nostra libertà.

GIRANDO PER IL PAESE

Tu prova a girare senza meta quando viene sera,
quando si muove solo qualche larice o ciliegio,

che si arrabbiano perché arriva un po’ di vento
che si diverte a stuzzicarli con allegria:


puoi contarle in una mano, questo è certo,
le case da cui escono i bagliori di una luce accesa.


Però non è quella del caminetto o del focolare
dove attorno si sedevano con un bicchiere

in nostri anziani, per raccontarsi le loro fatiche,
gridando, o appena appena sotto voce.

Io ci ragiono: ma con queste comodità,
siamo sicuri di non aver davvero sbagliato?

Eppure un volta si trovavano a fare  allegria
giocando a carte o cantando all’osteria.

Un pezzo di fisarmonica, prendevano, con una armonica
e una chitarra da suonare nella piazzetta.

Ballavano e si stringevano fino a fare mattina
salutandosi, poi, quand’era l’ora,

con un bel bacino e tenendosi per mano
e la promessa di ritrovarsi il giorno dopo.

Io ci ragiono: ma con queste comodità,
siamo sicuri di non aver davvero sbagliato?

Eppure una volta si trovavano in allegria
giocando a carte o cantando all’osteria.

E adesso che tutti guardano la televisione,
compreso quello che vi canta questa canzone,

siamo qua, diventati come mummie sul sofà,
dimenticando quello che il Cielo ci ha regalato,

siamo qua, diventati come mummie sul sofà,
e abbiamo perso la nostra libertà.

siamo qua, diventati come mummie sul sofà,
e abbiamo perso tutta la nostra libertà.

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